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SANTERIA
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Babalù-Aye <> S. Lazzaro |
Oduduà <> S. Emanuele |
dicembre 1997 - gennaio 1998 Atelier di Grafio - Prato estate
1998 Museo della Miniera - Cogne (AO) dicembre 1998 Banca nazionale
del lavoro - Torino video Marino Bronzino tecnica mista su carta
vetrata 200x100 cm
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(Museo della Miniera, Cogne - 1998) |
DELL' ANIMA E DEL CORPO DELLE STATUE di Antonio Miredi
Barbara Tutino è artista del viaggio. Una delle forme più emozionanti
della dimensione del viaggio è quella del racconto. Un racconto è
sempre un atto d'amore perché nasce e si sviluppa attorno alla disponibilità
dell'ascolto e, quindi, di un incontro. Tutte le religioni sono nate da un medesimo
nucleo "mitologico" (mito significa infatti racconto), il quale narra
un processo di iniziazione (ancora una volta un viaggio). Un passaggio dall'ombra
alla luce, lo smarrimento e la fede. La religione è un ponte, un'alleanza
tra il mondo del visibile e quello dell'invisibile, una prova tra l'angoscia della
realtà e la speranza dell'ignoto. L'arte partecipa di questo universo religioso
perché conosce la stessa vertigine del rischio, lo stesso mistero di un
atto d'amore, lo stesso incanto di uno stato di grazia. Naturalmente c'è
arte ed arte, come c'è religione e religione. Un'arte e una religione,
per esempio, che hanno smarrito il rischio della prova, l'incognita del viaggio,
la vulnerabilità della ricerca, per ritrovare nel potere di un mercato
o di un dogma, la sicurezza della scelta. Ed è l'arte che ripete la
sua formula furba o la religione che recita il suo rito senza passione. Sulla
soglia di un fine secolo che è anche un nuovo millennio, l'antico artificio
di disegnare sulle pareti di una caverna una immagine da "catturare",
è ancora presente nelle forme contemporanee dell'arte in cui per l'appunto,
la pittura conserva il suo valore magico-sacrale. Tutto il percorso pittorico
di Barbara Tutino è rimasto fedele al principio di un'arte che non si è
venduta al mercato o alla compiacenza intellettuale o al gusto del collezionismo
commerciale. La sua intatta coerenza si è sposata a cicli di narrazioni
vissuti fino nelle viscere, con anima e corpo, attraverso un viaggio ora mentale
e interiore, ora fisico e geografico. Se è vero che ognuno di noi
porta una parte di racconto di destino nel proprio nome, Barbara è artista
"selvaggia", che non può rimuovere le antiche maschere, gli amuleti,
i feticci che si celano sotto la rassicurante iconografia contemporanea. Ne è
fede l'ultima parabola della sua avventura artistica: la Santeria, un viaggio
nel sincretismo religioso, tra antiche divinità pagane e tribali e la lunga
galleria di santi cristiani. Ci sono sorprendenti analogie che l'artista
riesce a cogliere e rappresentare, persino attraverso una "simpatia"
inconsapevole. |
Eleguà <> l'anima Sola
Orùla <> S. Francesco
Ogùn <> S. Pietro
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"Nell'universo esiste un unico tempio, dice il pio Novalis, ed è
il corpo umano Nessuna cosa è più sacra de/le sue forme sublimi.
Noi tocchiamo il cielo quando posiamo la nostra mano sul corpo umano"
Thomas Carlyle Le statue rivelano una loro verità fatta di sangue
e di nervi, di corpo e di anima, di passione e sofferenza. Chissà
quante mani devote si sono posate sulle statue dei santi, quante braccia si sono
protese, separate da una grata o un piedistallo, per invocare una grazia e chiedere
una benedizione. Le statue si animano se solo collocate in un loro spazio,
in un loro rito. A Barbara Tutino non interessava la innocua fede verso
le statue ridotte a semplici santini, di una statua occorreva scoprire le origini,
i simboli, i legami, le affinità, le curiosità e le sorprese. La
sua pittura ha dimostrato così di poter condividere la vocazione di una
apparente separazione dal mondo (la grata, il tabernacolo, l'edicola, l'altare
...) e vestire un suo spazio povero come quella carta vetrata che Barbara sembra
aver eletto a tela privilegiata. Un'elezione in cui è ancora possibile
non rimanere indifferenti e farsi sorprendere dalla bellezza dell'amore. Un
modo diverso per dire la grazia. Torino, marzo 1998
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